Sequestro per equivalente: non rileva il pericolo della futura perdita di valore dei beni

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Pronunciandosi in materia di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, disposto per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, la Corte di Cassazione (sentenza 28 settembre 2016, n. 40358) ha ritenuto illegittimo ancorare la valutazione dei beni sequestrati ad un momento successivo rispetto a quello della loro apprensione; nonché la ancora maggiore illegittimità dell’utilizzo dei beni vincolati quale sostanziale garanzia in caso di perdita di valore dei beni sequestrati agli altri condannati quando il compendio complessivo superi l’entità del profitto confiscabile.
Il caso
La sentenza in commento viene pronunciata dalla Sez. III della Suprema Corte su ricorso di G.F. avverso l’ordinanza resa in data 27-10-2015 dal Tribunale di Catanzaro che, quale giudice dell’appello cautelare, in parziale accoglimento del gravame proposto, aveva disposto la restituzione della metà dei beni sequestrati, rigettando nel resto la richiesta.
Il giudizio cautelare nasceva dall’emissione da parte del G.I.P. presso il medesimo Tribunale di tre distinti decreti di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 11, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), avendo il giudice individuato il profitto nella somma complessivamente sottratta all’Erario. In particolare, oltre ai beni personali del ricorrente e di altri correi, venivano sottoposto a vincolo cautelare beni riconducibili al coindagato G. per un valore complessivo superiore all’intero ammontare del profitto confiscabile.
La Sez. III riporta, sul punto, quanto affermato nell’ordinanza oggetto di ricorso: “l’incertezza dei mercati economici e finanziari che interessano il Gruppo G. potrebbe incidere sulla possibilità di ottenere, in sede di confisca, l’apprensione dei beni di valore corrispondente alla somma riportata nei decreti di sequestro”. In altri termini, il Tribunale calabrese, adito ex art. 322-bis c.p.p., sulla base del pericolo della futura perdita di valore dei beni sequestrati al gruppo imprenditoriale facente capo al coindagato G., aveva conseguentemente ritenuto necessario mantenere il vincolo sui beni degli altri correi (tra i quali l’appellante) al fine di scongiurare tale pericolo.
La valutazione dei beni da sottoporre al vincolo del sequestro preventivo per equivalente va effettuata con riferimento al momento di applicazione della misura
Prima di analizzare il profilo relativo ai riflessi della pluralità di indagati concorrenti nel medesimo reato sull’applicazione della misura cautelare oggetto di impugnazione, la Sez. III ribadisce il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, il valore dei beni da sottoporre a vincolo deve essere adeguato e proporzionato al prezzo o al profitto del reato ed il giudice, nel compiere tale verifica, deve fare riferimento alle valutazioni di mercato degli stessi, avendo riguardo al momento in cui il sequestro viene disposto (oltre alle numerose decisioni richiamate in sentenza v. anche, in senso conforme, Cass. pen., Sez. II, 27-11-2014, n. 2488).
Se la stima del valore dei beni da sottoporre a sequestro deve essere ancorata al momento genetico della misura, sono necessariamente irrilevanti, ai fini del giudizio di adeguatezza e proporzionalità a cui è chiamato il giudice della cautela, il possibile deprezzamento o la diminuzione del valore dei beni stessi. Infatti, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non può che avere ad oggetto il valore del prezzo o del profitto del reato, così come determinato in sede di accertamento giudiziale, e non può essere ampliato con l’evocazione dell’incidenza del deprezzamento che il bene oggetto di esso può frattanto subire, senza che si produca l’effetto di attribuire alla confisca un carattere risarcitorio e al sequestro stesso una funzione conservativa incompatibili con la natura eminentemente sanzionatoria della confisca di valore.
Una diversa impostazione si porrebbe – come del resto prospettato dal ricorrente – in contraddizione con il principio di legalità penale (art. 25, comma 2, Cost.), destinato a valere – sia pure in forme diverse da quelle proprie delle misure incidenti sul fondamentale diritto costituzionale della libertà personale – anche in ordine alle misure incidenti sul diritto di proprietà (per questo rilievo cfr. la richiamata Cass. pen., Sez. VI, 18-6-2007, n. 30543).
A fronte di un illecito plurisoggettivo si applica il principio solidaristico, ma l’espropriazione non può eccedere l’ammontare complessivo del profitto
Venendo alle problematiche legate all’interazione tra la disciplina del sequestro preventivo per equivalente e quella del concorso di persone nel reato, con riferimento al quantum dei beni sottoponibili a vincolo, appare decisivo, ed “illuminante”, il richiamo che la Sez. III effettua a quanto statuito dal Supremo Collegio nella sua più autorevole composizione con la sentenza 27-3-2008, n. 26654. In questa decisione i giudici di legittimità, pronunciandosi in materia di responsabilità amministrativa degli enti, affermano che in caso di responsabilità concorsuale (riguardante, in quella fattispecie, una pluralità di enti coinvolti nella medesima vicenda) la confisca del profitto del reato, data l’applicazione del principio solidaristico (ovvero della c.d. responsabilità per l’intero) che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente, possa riguardare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato “entro logicamente i limiti quantitativi dello stesso”, senza che rilevi il riparto interno del relativo onere tra i concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi. Di conseguenza, sul piano della misura cautelare “prodromica”, il sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca deve essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, “logicamente senza alcuna duplicazione” e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti (in termini analoghi v., ex pluribus, Cass. pen., Sez. VI, 8-7-2014, n. 39936; Cass. pen., Sez. II, 9-1-2014, n. 5553; in senso, solo apparentemente, difforme si veda l’orientamento – espresso in talune pronunce di legittimità richiamate dalle Sezioni Unite – secondo cui, in caso di pluralità di indagati, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota del profitto del reato a lui attribuibile, sempre che tale quota sia individuata o risulti chiaramente individuabile).
Da quanto affermato dalle Sezioni Unite si evince dunque come il principio solidaristico, in forza del quale è consentito il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente anche per l’intero nei confronti di uno solo dei soggetti coinvolti, trovi il proprio limite nel fatto che il vincolo cautelare d’indisponibilità non deve essere esorbitante, nel senso che non deve eccedere, nel complesso, il valore del profitto, e non deve determinare ingiustificate duplicazioni, posto che dalla unicità del reato non può che derivare l’unicità del profitto (così, in particolare, Cass. pen., Sez. IV, 7-12-2011, n. 47525).
In piena adesione a questo autorevole orientamento giurisprudenziale, i giudici della Sez. III così riaffermano: “nell’ipotesi di una pluralità di indagati quali concorrenti in un medesimo reato compreso tra quelli per i quali può disporsi la confisca per equivalente di beni per un importo corrispondente al prezzo o al profitto del reato, il sequestro preventivo funzionale a detta confisca può incidere contemporaneamente od indifferentemente sui beni di ciascuno dei concorrenti, senza, però, poter complessivamente eccedere il valore del suddetto prezzo o profitto, e ciò perché il sequestro preventivo non può avere un ambito più vasto della futura confisca” (si vedano, oltre alle decisioni citate in sentenza, Cass. pen., Sez. VI, 27-1-2015, n. 12515; Cass. pen., Sez. II, 3-10-2013, n. 47066; Cass. pen., Sez. VI, 26-3-2013, n. 28264).
Come si evidenzia nella sentenza resa dalla stessa Sez. III in data 9-7-2015 (n. 38796), adottata nei confronti di uno dei correi nello stesso procedimento nell’ambito del quale viene depositata la pronuncia in esame (sentenza che confermava la restituzione della somma sequestrata proprio sul rilievo che il sequestro operato nei confronti del concorrente G. aveva avuto ad oggetto un compendio dal valore ampiamente superiore al profitto del reato contestato), una diversa soluzione comporterebbe non solo una evidente violazione dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, ma metterebbe in crisi la stessa funzione strumentale del sequestro preventivo. L’applicazione dei suddetti due principi, assieme a quello di gradualità, anche sul versante delle misure cautelari reali comporta, infatti, che anche nel sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sia necessaria da parte del giudice una valutazione relativa all’equivalenza tra il valore dei beni e l’entità del profitto, così come avviene in sede esecutiva della confisca, non essendovi ragioni per cui durante la fase cautelare possa giustificarsi un sequestro avente ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto o il prezzo del reato.

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